La famiglia di server tower ML di HPE è composta dai diversi modelli adatti a coprire numerose tipologie di clientela, dal piccolo ed economico ML10v2 al top di gamma ML350, che è attualmente presente a listino nelle due generazioni Gen9 e Gen10.
In questa recensione prenderemo in considerazione la penultima generazione, che si posiziona sul mercato a cifre variabili dai 1800 euro degli allestimenti base, fino a superare i 6000 euro nelle configurazioni a doppio processore (dischi e RAM aggiuntivi esclusi). Un esemplare come quello in prova, dotato di singolo processore Xeon E5-2620v4, 32 GB di RAM, due dischi SAS da 146 GB e relativo controller P440ar, con doppio alimentatore si assesta intorno ai 2500 euro.
È importante sottolineare come la grande modularità di questo server permetta di applicare numerosi kit di upgrade su diversi fronti, come nella sezione frontale dove è possibile installare fino a 48 dischi da 2.5’’ o 16 da 3.5’’ (con i relativi cage e secondo kit di ventole di raffreddamento specifiche).
Le ultime due generazioni di prodotti HPE, rispetto al passato, hanno guadagnato una decisa rivisitazione estetica, che unisce la tinta completamente nera, alla trama “matrix” del pannello frontale con il nuovo logo HPE in verde brillante. Il frontale è dotato di serratura per impedire l’accesso alle baie dei dischi e ai pulsanti di accensione/reset, ma bisogna fare attenzione ad aprirlo solo dopo avere installato i piedini in dotazione, per non forzare il funzionamento delle cerniere. Raggiungibile dal frontale e installato in posizione verticale, è anche il lettore DVD utile per le installazioni del sistema operativo, di eventuale hypervisor e di service pack di aggiornamento.
Intervista esclusiva a Rodolfo Rotondo Senior Business Solution Strategist (EMEA) di VMware
In attesa delle prossime novità del VMworld 2016 USA (Las Vegas 28 agosto-1 settembre) e del VMworld 2016 Europe (Barcellona 17-20 ottobre) abbiamo intervistato Rodolfo Rotondo, spokesperson di VMware che copre una posizione di rilievo a livello EMEA: Senior Business Solution Strategist.
VMware è sempre stata un leader nell’innovazione, come vedi per voi il prossimo futuro, dove vedi maggiore possibilità di sviluppo? Qual è la tecnologia che a tuo parere è più “on the edge” oggi nel vasto panorama della vostra offerta?
VMware ha iniziato a portare innovazione dagli anni 2000, con la virtualizzazione del computer, proseguendo con il software defined data-center, termine coniato proprio da VMware, estendendo la virtualizzazione alla rete e sicurezza ed allo storage, creando poi un ponte tra i data center on premises e i cloud pubblici permettendo sia lo spostamento bidirezionale dei carichi di lavoro sia una gestione unificata e policy comuni, abilitando il vero cloud ibrido.
Ansible è un software open source nato per consentire agli amministratori di sistema l’automatizzazione e l’orchestrazione centralizzata delle procedure di configurazione, su sistemi Unix-like. La sua caratteristica principale è il mix di potenza in termini operativi e facilità nell’apprenderne l’utilizzo.
Il software sfrutta due elementi strutturali, che sono i nodi e le macchine controllori. Come si può intuire dal nome, queste ultime sono le macchine che realizzano l’orchestrazione, tramite specifici comandi sui nodi sottostanti, il tutto tramite connessioni SSH e protocollo JSON. La peculiarità di Ansible risiede nel suo essere comprensibile senza particolari competenze di programmazione (quindi non richiede specifiche conoscenze si sintassi e costrutti), unita ad una esecuzione sequenziale dei task di controllo. Gli utilizzi principali riguardano: deploy di applicazioni, gestione distribuita delle configurazioni e orchestrazione dei flussi di lavoro.